Alfonso Borghi è nato nel 1944 a Caprara di Campegine, dove attualmente vive.
Il primo divenire della sua identità è immerso nei silenti e colorati paesaggi della pianura padana, nel combattivo tessuto sociale della sua Caprara, antica terra di braccianti ed emigranti, avvezzi a vivere con spirito di sacrificio e coraggio le più disparate esperienze della vita. Cromosomi ambientali che non saranno estranei alla sua caparbia scelta di intraprendere la strada della pittura. Una passione che si manifesta sin dagli anni della prima adolescenza, quando i turbamenti del suo stato d’animo trovano la quiete nelle prime, intime espressioni create con i tenui colori dei pastelli, mentre prende forma il suo carattere mite e sognatore.
La scuola che frequenta, ad indirizzo tecnico commerciale, non limita il suo naturale impulso artistico. D’altra parte, dopo la drammatica morte del padre Luciano, merciaio ambulante e venditore di gelati nei giorni di festa, sulle assolate strade di campagna, Alfonso abbandona ben presto la vita scolastica. Le necessità economiche della famiglia lo costringono ad occuparsi presso una fabbrica del limitrofo comune di Poviglio.
Qui, incontra Athos Campanini, un commerciante di legname appassionato di pittura, sotto il cui patrocinio lavora anche l’ecclettico artista Pietro Ghizzardi. Campanini, colpito dalle qualità artistiche di quel ragazzo, improvvisa una mostra delle sue opere in occasione della fiera del paese, nella primavera del 1967. Sempre in quell’anno, il giovane Borghi espone in occasione della sagra di Campegine.
In quelle prime, semplici e indimenticabili opere, il colore è già protagonista assoluto, trasfigura la realtà e ci conduce in un mondo fantastico, intriso di risonanze padane.
Il lusinghiero successo di quei primi confronti con il pubblico, convince Alfonso a dedicarsi esclusivamente alla pittura, nonostante il manifesto dissenso di amici e parenti. Tuttavia, non gli verrà mai meno il fondamentale sostegno della madre Olide, che nutre una grande fiducia nelle sue possibilità artistiche.
Con l’inizio degli anni Settanta, Borghi, già provato dalle asperità della vita, matura nuove consapevolezze personali, nuovi interessi culturali e sociali che mettono al centro della sua pittura la figura umana. Dopo un breve viaggio a Parigi, grazie anche all’incontro con il pittore tedesco Edmund George Pielmann (1923-1985), elabora una concezione della realtà che muove da tendenze espressioniste, per comporsi poi in personalissime visioni surreali, caratterizzate da figure dolenti e intensi colori terragni. Pielmann, in segno di omaggio, ritrae i lineamenti giovanili di Alfonso e Aliuccia, quasi a suggellare quella che sarà l’unione di una vita. Aliuccia è una ragazza di Caprara, del rione Parigi, moglie ed angelo custode dell’innata sensibilità di Alfonso, impulso essenziale per sua inesauribile creatività artistica.
Per Borghi dipingere è un atteggiamento naturale e rappresenta ormai il modo migliore di esistere. La sua evoluzione artistica si incammina su un percorso di ricerca incessante, sia sul piano tematico che espressivo. Negli anni Ottanta, gradualmente, i significati e l’impasto cromatico dei suoi dipinti si risolvono sullo sfondo di una dominante matrice surrealista. Vere e proprie metafore artistiche ci restituiscono temi profondi e sfuggenti della contemporaneità, attraverso l’espressione di armoniose visioni fantastiche, oniriche, che vivono nell’incanto di colori smaglianti.
In questi anni, accompagnati dalla serena carezza della vita, Alfonso costruisce un rapporto indissolubile con il suo pubblico, che precede e anticiperà anche negli anni a venire ogni valutazione critica, seppure importante, della sua opera. Gioioso, accogliente e disponibile, presenzia ad una sempre più intensa attività espositiva.
I vent’anni di pittura li celebra nel 1987, a Campegine, nel Palazzo Comunale, già testimone dei suoi esordi artistici. È un bagno di folla che si ripete l’anno dopo, con una nuova mostra antologica allestita dalla Provincia nella Sala delle Carrozze di Reggio Emilia.
Un entusiasmo incandescente sostiene la sua inesauribile vena artistica tanto da permettergli, non solo di soddisfare le richieste del suo pubblico, ma anche di dare inizio a un’attività espositiva, caratteristica di tutto il suo percorso artistico, che proietterà le sue opere, negli spazi culturali più prestigiosi delle città italiane e sui palcoscenici europei e internazionali.
Nel 1989 i magnetici colori di Borghi affascinano il lontano oriente e i suoi dipinti sono richiesti per una importante esposizione collettiva a Tokio. Due anni dopo lo stilista Pierre Cardin lo tiene a battesimo in terra di Francia alla Maison de l’UNESCO a Parigi.
Le opere inconfondibili di Alfonso, il suo background padano, sempre muovendo dalla ridente Caprara, li ritroveremo ancora a Marsiglia, Berlino, Barcellona, Madrid, Francoforte, New York, Los Angeles, Pechino… Roma, Firenze, Torino, Perugia, Assisi, Palermo, Venezia, Verona, Mantova, Sabbioneta, Parma, Matera capitale europea della cultura 2019…
Dietro ogni appuntamento c’è l’impegno, la passione, la creatività, il vigore artistico, lo sviluppo espressivo e intellettuale dell’artista e dell’uomo Borghi, senza separazione.
“La giostra dell’arte, in Borghi, è anche la giostra della vita”, come sottolinea Vittorio Sgarbi, proponendoci un assunto spesso vuoto e retorico che, nel caso specifico, risulta invece significativo ed essenziale.
Questo confronto continuo con un pubblico eterogeneo, curioso, propositivo è l’ossigeno entro il quale vive la creatività di Borghi. Una condizione che, tuttavia, non limita mai il profondo legame con la propria terra d’origine. Tra i campeginesi, la percezione della sua presenza artistica è tangibile. Preziosa e instancabile è la collaborazione con l’amico e conterraneo Riccardo Bertani, sulle testate giornalistiche locali, sulle riviste di cultura popolare dove, con il suo originalissimo tratto, illustra l’inesauribile narrazione sulla civiltà contadina delle nostre campagne, che Bertani, pazientemente, compone ormai da mezzo secolo. Nei primi anni Novanta prende forma un rapporto costante con la pubblica amministrazione locale, che sostanzialmente rende fruibile presso il Municipio una collezione di dipinti e opere grafiche rappresentativi del percorso artistico di Borghi.
Del nucleo iniziale della collezione ricordiamo: Lago Grande di Caprara 1967, Guerriero 1974, Cavalli lipizzani 1983, Les musiciens voyageurs 1990, Laguna 1992, Vegetazione 1994, che illustrano in analoga successione questo medesimo testo.
Tra queste opere, è evidente come con Les musiciens voyageurs, alla stregua di altri dipinti di questo periodo, dove ormai la rappresentazione figurativa, di derivazione futurista, appare scomporsi, sempre più lontana dai canoni accademici, Borghi sia alla ricerca di una pittura totale, d’impronta assolutamente personale che, di lì a poco, approderà al linguaggio informale.
È un nuovo passaggio espressivo, una scelta coraggiosa, fuori dai canoni della pittura del tempo che, ancora una volta, conquista la critica e soprattutto il pubblico.
Nell’informale materico di Borghi, l’interazione tra gesto, segno, materia e colore origina situazioni espressive inesauribili, congegnali alla grande energia dell’artista e alla rappresentazione delle vibrazioni dei suoi policromi stati d’animo. Armoniche tonalità di colori copiosi e densi tracciano zone d’ombra e splendide esplosioni di luce iridescente, spazi ambigui e fantastici, sempre in grado di accendere emozioni e creare quell’incanto senza il quale l’opera d’arte non può vivere in chi la guarda. Nel cromatico magma materico, ottenuto con particolari impasti e accostamenti di materiali eterogenei, scorrono sotterranei i segni inconfondibili delle sue primitive esperienze, che rafforzano ancor più l’identità espressiva dell’opera di Borghi.
Alfonso non è mai spettatore della propria vita, neanche quando, nel 1996, la sua famiglia vive il dolore lacerante della perdita del figlio quattordicenne Luciano. Nella sua opera incessante, Borghi ritrova, in ogni ora della giornata, la vicinanza con il figlio scomparso.
Musica e poesia divengono allora compagne inseparabili della sua pittura: Giuseppe Verdi, Richard Wagner, Wolfang Amadeus Mozart, Antonio Vivaldi… Jacques Prèvert, François Villon, Walt Whitman, Dylan Thomas, Percy Shelley, Emily Dickinson, Federico García Lorca, Thomas Elliot, John Milton, Dino Campana, Salvatore Quasimodo… fanno vibrare i suoi colori. È un dialogo tra la sua anima e queste testimonianze universali, un viaggio nei labirinti della vita, dove la sensibilità di Alfonso ora convive con il dolore e cambia per sempre l’uomo e l’artista. Si fanno strada nuove consapevolezze etiche, ormai lontane da visioni liriche e più inclini a considerare la fragilità della condizione umana.
Nel 2001, ha inizio la collaborazione con la Galleria San Carlo di Milano che durerà per quindici anni. Un sodalizio esclusivo che riporterà le opere di Borghi nelle più prestigiose gallerie americane, europee e nazionali, da San Francisco a Francoforte, Vienna, Londra, Milano, Bologna… senza mai dimenticare la propria terra, con splendide mostre tra le antiche mura delle città emiliane: Palazzo Ducale di Guastalla, in occasione del restauro, Palazzo Pigorini a Parma, Chiostri di San Domenico a Reggio Emilia, Palazzo dei Principi di Correggio, con un’antologica dedicata ai cinquant’anni di attività dell’artista. In questo lungo percorso artistico, Borghi esprime la propria creatività anche sul versante delle arti plastiche: lavora la ceramica, il vetro e, seppure in misura minore, plasma sculture in terracotta e bronzo. Oggi le sue opere appartengono a collezioni pubbliche e private e sono presenti in musei italiani ed europei.
Il racconto di questa straordinaria esperienza artistica, che sale dal profondo della provincia per raggiungere le ribalte internazionali, passa attraverso un nutrito numero di pubblicazioni che scandiscono ogni momento espositivo: un mezzo secolo di attività del maestro Borghi, ora narrato nello splendido catalogo generale edito da Giorgio Mondadori.
È il lungo viaggio di un uomo semplice, al tempo stesso creativo e originale come pochi.
Un uomo libero, come libera è la sua espressione artistica che risponde unicamente al suo modo di sentire e vive nella plastica energia dei suoi dinamici e luminosi colori.
Nell’accogliente atelier, davanti alla sua ultima opera, Alfonso manifesta ancora l’entusiasmo della prima giovinezza: una forza mai doma che si esprime attraverso la “rapidità inquieta, nervosa di un gesto”, come efficacemente osserva Roberto Sanesi; quasi un moto perpetuo, sempre in grado di proporre rappresentazioni uniche, di alto valore estetico e, virtualmente, anche di approdare a nuove esperienze stilistiche.
(Testo di Giovanni Cagnolati)
Le immagini che seguono ritraggono Alfonso Borghi nel suo atelier e le opere: La festa dell’estate (2008), Giurisprudenza (2016), Imagine – Omaggio a John Lennon (2016), Gli auguri dell’innocenza (2017), Il canto di me stesso (2017), Dalle piccole torri orecchi odono (2018).